Tratto da: Svela Bologna - Settembre
2003
È una Bologna D'Antan quella che
ci accingiamo a visitare per
conoscere e riconoscere il passato
della nostra città, vale a dire il
nostro passato. Così da Piazza
Maggiore ci inoltriamo subito nel
dedalo di stradine e vialetti che
costituiscono il cuore urbano e
conservano l'impronta antica della
vita cittadina, nonostante le
demolizioni, gli sventramenti, le
modifiche operate nel lungo scorrere
degli anni.
Oggi, questa porzione di città,
delimitata da alcuni tra i più
antichi e significativi monumenti
bolognesi (la chiesa di San
Petronio, Archiginnasio, che fu la
prima sede “unitaria” dell'alma
matta; Palazzo Re Enzo, ove fu
rinchiuso il figlio di Federico
Barbarossa, fatto prigioniero nella
battaglia della Fossalta; palazzo
dei bianchi, definito “il palazzo
che non c'è” perché la sua elegante
facciata, attribuita al Vignola, in
realtà mimetizza e copre una serie
di casette antiche, di origini
medievali, che furono dei
Lambertazzi , potente famiglia che
capeggiava la fazione ghibellina;
Palazzo della Mercanzia che fu sede
del foro dei Mercanti e venne
iniziato nel 1384 sotto la direzione
di Antonio di Vincenzo e Lorenzo Di
Bagno Marino), questa centralissima
porzione di città, dicevamo, viene
chiamata, per la sua conformazione:
il Quadrilatero. Nella sua area
permangono umori, odori, suoni di un
ieri temporalmente lontano, ma
ancora incredibilmente attuale,
anche perché allora come ora è qui
che Bologna - città di commerci, di
mercati, di terziario - concentra
l'essenza delle sue potenzialità
economiche. Qui, dove - come precisa
Guidicini - già nel 1446, prima che
venisse costruito il Palazzo della
Biada (la parte a sud del Palazzo
Pubblico) si teneva il mercato delle
granaglie, la toponomastica
testimonia che vi avevano sede le
arti cittadine e vi venivano
esercitati importanti commerci: via
degli Orefici, Caprarie, Drapperie,
Calzolerie, Pescherie Vecchie, dei
Ranocchi, Clavature. Ma prima del
1910 ( anno in cui iniziavano i
lavori di demolizione, per
l'allargamento e rinnovamento della
principale arteria bolognese ) tutta
la zona gravitava su strette e brevi
strade dalle denominazioni
eloquenti: via della Corda, via
della Canapa, via Tosa Pecore, via
Pelliccerie, via Zibbonerie, ( tutte
ricche di fornitissimi e noti negozi
) e la famosissima e via Spaderie,
lunga poche decine di metri, il cui
ingresso, sul lato della quale via
Rizzoli ( toponimo assente nel 1880)
venne ostruito da un paracarro di
marmo, che veniva chiamato il
Fittone del Sindaco. Gli studenti
dell'Alma Mater lo elessero a loro
emblema e quando via spaderie
scomparve ne ottennero il
trasferimento in via Zamboni
all'inizio del portico della sede
centrale dell'Università. Da tempi
lontanissimi si chiamò mercato di
mezzo lo spazio cittadino che aveva
la sua spina dorsale nell'omonima
via (larga dai 5 ai sette metri
percorsa da un binario di tram a
cavalli) e se ne sono scomparse la
grande pescheria attrezzata con
grandi tavoli di marmo e scolo per
l'acqua, le famosissime torri
Riccadonna, Artemisi e Guidabagni
attigue a Piazza della Mercanzia, il
frequentatissimo caffè dei
cacciatori in cui si davano
appuntamento fin dalle prime ore del
mattino i cavallari (sensali,
venditori, compratori, appassionati
dei cavalli ) sono - per fortuna,
rimaste altre preziose testimonianze
del passato: le “buche” dei
fruttivendoli aperte nella muraglia
di quello che fu L’Ospedale della
Vita; un classico esempio ( in via
Clavature in angolo con via
Drapperie ) della genesi dei portici
bolognesi, dallo sporto su semplici
travetti, al portico vero e proprio;
in fondo a via clavature, chiuso nel
1684 su il portone di legno ancora
visibile, l'anonimo vicoletto che
conduce a via Castiglione e che
forse è la più stretta via di
Bologna: ha una larghezza minima di
metri 1,90 e conserva la
pavimentazione medioevale a mattoni
posati di coltello. È vero,
peraltro, che la storia del
“Quadrilatero” si rivide non solo
nella realtà architettoniche
superstiti o delle quali resta il
ricordo, ma anche rievocando gli
eventi - maggiore o minori - che in
questo spazio si sono verificati nel
corso dei secoli. In fondo alle
Clavature - ad esempio - c'era
l'antica locanda del leone, nei cui
locali, nel 500, si trasferì
temporaneamente la Zecca di Bologna,
fino ad allora attiva al piano
terreno dell'Ospedale della Vita;
nei pressi del mercato di mezzo
c'era il forno della Ditta
Castagnari che durante tutta la
notte sfornava croccanti crescentine
al prosciutto vendute attraverso una
piccola buchetta; nell'attuale via
De’ Toschi, ci fu un'osteria, nota a
tutti bolognesi come “l'Offesa di
Dio” o semplicemente “L’Ufeisa”,
perché questo nome? Perché l’oste,
avendo colto la bella moglie in
flagrante adulterio nell'abitazione
sovrastante il locale, puntando il
dito verso il crocefisso appeso
sulla testata del letto disse
lamentosamente: “va bene il torto
che fai a me, ma non pensi
all'offesa che fai a Dio?”, e tornò
mesto a servire i clienti. È tempo
di dire “stop”. Il nostro girovagare
nel Quadrilatero è stato abbastanza
lungo e ci ha consentito anche di
constatare che permangono, in questa
fascinosa sorta di Suk Petroniano,
esercizi commerciali antichissimi
come l'Osteria del Sole (
all'Archivio di Stato è stata
trovata una carta del 1465, che
attesta come l'Osteria del Sole
fosse già in esercizio, proprio lì
in via dei Ranocchi, un tempo
chiamata Borgadello), la libreria
Veronese, l’aguzzeria del cavallo (
attiva dal 1783 ), che perpetuano
alla fama di zona privilegiata ed
espressione della vitalità economica
petroniana. Ora facciamo tappa in
uno dei piccoli bar e ristoranti che
sempre più numerosi hanno
“sciorinato” i propri tavolini nelle
stradine dal fascino e dalla
vitalità plurisecolari, per fare un
brindisi alla vecchia, cara Bologna
e darci appuntamento col prossimo
tour.